DATE a Cesare… date a DIO.

Con questa sentenza lapidaria, Gesù  risponde a coloro che volevano tendergli un tranello con la domanda:”E’ lecito o no pagare il tributo a Cesare?”. Non è una domanda ingenua, è invece un vero trabocchetto; perché
- Se Gesù avesse risposto che era lecito, sarebbe passato per un amico dei Romani (si sarebbe attirato le ire dei Giudei);
- Se avesse risposto che non era lecito, sarebbe considerato un sovversivo (adendo così nelle mani dei Romani).
Con la sua risposta Gesù mette tutti nel sacco:
“ date a Cesare quello che è di Cesare “, perché accettando i servizi e le prestazioni dell’imperatore, pagategli anche le tasse. Ogni uomo deve quindi sapere che ha dei diritti e dei doveri nei confronti dello Stato:
* dallo Stato ha diritto di esigere certe prestazioni e determinati servizi circa la casa, il lavoro, la giustizia, la salute…
* allo Stato deve dare il suo contributo: di onestà, di impegno, di professionalità, di denaro pagando le tasse.
A questa risposta Gesù aggiunge ancora: “ date a Dio quello che è di Dio “. Quindi possiamo dire che prima di tutto ci sono dei doveri verso Dio. Il potere umano, pertanto, non può assorbire tutto l’uomo, né può sostituirsi alla sua coscienza. Ogni volta che lo Stato emanasse leggi contrarie alla legge di Dio, o pretendesse cose ritenute ingiuste, l’uomo deve rispondere con coraggio come troviamo nel libro degli Atti (5,29) “ bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini “. Quello del tributo (o tasse) da pagare all’imperatore era per i Giudei un problema di coscienza. Pagare le tasse con moneta imperiale con l’effige di Cesare non voleva dire riconoscere la sua sovranità su Israele, perché per i Giudei l’unico re era Dio o un suo inviato (Messia?). I farisei e gli erodiani cercano di agganciare Gesù con un bel elogio: “sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia nessuno”. Certamente questa gente non crede a nessuna parola
proferita, ma non potevano fare un elogio migliore per avere una risposta alla loro domanda. Dobbiamo ancora considerare un altro se:
Se non avesse risposto, avrebbe fatto una magra figura e smentito quell'elogio appena citato. Gesù conosce la loro malizia e: “ Ipocriti, perché mi tentate” quindi si fa mostrare una moneta del tributo, chiedendo: “ di chi è l’immagine e l’iscrizione?”. Già conosciamo la risposta di Gesù, essa indica un comportamento pratico da tenere verso l’imperatore.

Ma c’è un pensiero nascosto più profondo nella risposta data da Gesù: come l’immagine dell’imperatore impressa sulla moneta dice che appartiene a lui, così ugualmente l’uomo appartiene a Dio perché creato a sua immagine e somiglianza. Dobbiamo aggiungere che la realtà politica trova i suoi limiti nei diritti di Dio nei confronti dell’uomo. Nella sua risposta Gesù riconosce il valore e l’autonomia del potere politico nella sua specifica competenza, ma vuole ricordare a Cesare che deve “rendere a Dio quello che è di Dio”, riconoscere
cioè la sua sovranità universale, quindi rispettare i diritti di Dio sull’uomo, e quelli della coscienza degli individui. E’ un invito ad accogliere il Regno di Dio, che non è di carattere politico, ma spirituale, che mira a cambiare l’uomo dal di dentro e quindi a riconoscere in lui il Messia inviato, che non si oppone come
concorrente rispetto a Cesare, perché il suo “ REGNO non è di questo mondo “. (Gv. 18,36) Vuol dire impegnarsi nella vita di fede, con fedeltà al Vangelo, avere come luce e speranza la persona di Gesù.
Vivere la nostra vita nella fedeltà a Dio che si manifesta in Cristo, nella fedeltà alle ispirazioni e allo spirito del Vangelo.

DAVANTI A TE, SIGNORE
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