Quaresima - II Domenica (Marco)

Questi è il mio Figlio prediletto.

Gen 22,1-2.9.10- 13.15-18/ Sal 115 /Rm 8,31-34 / Mc.9,2-10 -

In questo tempo di preghiera e di riflessione, la liturgia domenicale sceglie pagine che favoriscono il nostro accogliere Colui che si annuncia come il Messia. L'evangelista dice che Gesù, prende con se tre suoi amici e si ritira sul monte in preghiera. Tanto è il fervore del Suo Spirito che il suo volto si trasfigura, e le sue vesti diventano bianche. A questo appuntamento,si presentano due antichi personaggi della Bibbia; Elia e Mosè che discutono con Lui. Anche una nube raccoglie in unità queste persone, e una voce dal cielo, conferma che Gesù, è il Figlio prediletto. Il luogo è bello, vi regna la pace, e Pietro vuole preparare tre tende, ma è tempo di ritornare a valle e di mantenere il segreto su ciò che è avvenuto fino dopo la Resurrezione del Signore.
TRACCIA di RIFLESSIONE:

 

La scelta a cui la liturgia delle tentazioni della prima domenica ci ha invitato a seguire Cristo, è come una morte, la morte della vita di peccato. Ma questa morte, come quella di Cristo, porta alla risurrezione, ad una vita nuova, alla vera vita. Questa quaresima ci invita, si, ad una conversione che a volte può costare anche lotte e rinunce severe, ma essa ci porta ad una vita più autentica, alla vita di uomini veri, di figli di Dio, simili al Cristo. La trasfigurazione di cui ci parla il Vangelo, ci fa intravedere questo traguardo della nostra conversione, il traguardo della Pasqua.

1 lettura: “il sacrificio del nostro padre Abramo”. La fede è prova e in un certo senso tentazione. E’ distacco dal proprio disegno e dalle attese conformi solo ai nostri desideri. Abramo, che già si era separato dalla propria terra e dalla propria casa, ora è chiamato a manifestare la sua fede distaccandosi dall’unico figlio nato per l’intervento di Dio, e unica speranza e possibilità per la discendenza promessa. Abramo non dice di no, ed è pronto al sacrificio, cioè a quella fede che prima ancora è angoscia e morte del suo cuore. Dio trae Isacco da quella vocazione di morte, e rinnova la benedizione a colui che non si era sottratto a un’obbedienza lancinante e misteriosa. Così impariamo a credere: soprattutto impariamo l’obbedienza che troverà nell’immolazione volontaria di Gesù sulla croce la sua forma perfetta.

2 lettura: “Dio non ha risparmiato il proprio figlio”. Paolo ci invita a non temere proprio nulla: nessun avvenimento e nessun uomo, per prepotente che sia. Dio sta dalla nostra parte, ci ama e ha dimostrato il suo amore facendoci dono di quanto aveva di più caro, il Figlio. Tutto il resto non ci può mancare. Possiamo essere certi che egli non ci condanna, così come non ci condanna Gesù, dopo che è morto, è risorto, siede alla destra del Padre e prega per noi.

Vangelo – “questi è il mio Figlio prediletto”. La trasfigurazione rivela una volta ancora l’identità di Gesù, come il battesimo: egli è il Figlio prediletto di Dio, inviato a noi perché sia accolto e ascoltato. E’ lui la Parola, il Vangelo, l’inabitazione e la tenda di Dio, il segno della sua presenza nella sua persona trasfigurata. E’ lui il contenuto e il senso delle Scritture rappresentate da Elia e da Mosè. Venuto lui, l’A.T. scompare: egli ne è il compimento. I tre apostoli sono spettatori attoniti impauriti di questa epifania; avvertono la dolcezza di quella esperienza. Ma essa non può continuare: è un momento profetico; un anticipo. Bisognava che il Figlio di Dio passasse prima attraverso la morte, per poi risorgere e dare attuazione perfetta alla stessa trasfigurazione.

 

La trasfigurazione anticipa la gloria del Signore Risorto. Le vesti bianche sono segno d'appartenenza alla realtà divina. Ricordiamo i 144mila segnati in fronte e avvolti in candide vesti che ricordiamo nella festa di tutti i Santi. Noi troviamo una grande e anche bella diversità di presentazione tra gli evangelisti: Mc. accenna al candore delle vesti, mentre Mt. e Lc. parlano di splendore del volto e questo per conservare la trascendenza del mistero, tanto che i discepoli non potevano fissare lo sguardo sul volto di Cristo. Infatti Dio mai nessuno l'ha potuto vedere e mai visto prima. Nel Vangelo appena letto scorgiamo Pietro che si meraviglia di trovarsi di fronte a qualcosa di grande: "è bello per noi stare qui" dirà infatti, e questo per contemplare la gloria del Maestro, di Mosè e di Elia. Il narratore spiega la paura che è entrata nei cuori dei discepoli davanti al mistero di Dio, l'uomo di sempre teme infatti la presenza di Dio. In questo frangente Cristo annuncia la sua morte e prega i suoi di non riferire ciò finché Lui non sia risuscitato dai morti. Per i cristiani la presenza di Cristo in mezzo a noi è simile a quella del Cristo trasfigurato in mezzo ai tre discepoli, presenza reale e certa nell'Eucarestia che non trasferisce la vita del credente in modo permanente su un monte alto, ma che lo invita a realizzare la voce del cielo: "ascoltatelo". Dall'ascolto della parola di Gesù dipende la nostra salvezza. Prolunghiamo già oggi l'esperienza "è bello per noi stare qui" come dire: è bello restare qui con Te, Signore.

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